Gatti che annusano il territorio – Io che allontano l’umidità – Tu che mordi dove non dovresti

Ho ritrovato tutta la confusione fatta per incontrarci.

Non era poi così lontana ne nascosta troppo.

In parte era rintanata dietro la Tua televisione

in parte accucciata sotto la mia scorta di pozzolana.

Eppure ha in se tutto il caos folle ancora

che ci ha stravolti in questa Nostra avventura

che, nonostante il sonno dell’età, ancora dura.

vuoto

Il Signore degli specchi non teme il terremoto

che del cuore lascia in terra pezzi di riflessi

e disperde le confuse strade del ritorno.

 

Non teme i gemiti del Tuo ultimo video porno

o per allontanarsi i troppi necessari passi.

 

Il Signore degli specchi della polvere ha paura

che non sono i cataclismi ma i piccoli eventi

a dir di quel che siamo e siam stati, la natura.

orari diversi

Ci si perde nel tempo eppure quel che importa

è l’ingenua convinzione di saper ritornare

così il pensiero ipnotico di questi giorni

è tutto quel che non comprendo di Te

Solitudine esagerata di ciclisti improvvisati

e battiti perduti di scarsi muscoli incapaci.

La direzione presa dalle difese

Recupero, arrendendomi al Tuo difetto di fabbricazione
è certamente superiore alle mie lente aspettative
e ben più forte d’ogni mia debole e amata passione
Ma questa alternativa di perdersi mi piace ancora
e ancora mi piace il Nostro assieme ripeterci e fare
Che non è nella vittoria il premio di questi giorni
ma negli indifferenti quotidiani passi, fatti per arrivare

ricezione elettromagnetica

Stropicciando la mia immagine la rendi vitale
aggiungendo l’aria del ventilatore forzata
eppure necessaria agli occhi per smettere di parlare
Che saremo sempre più simili a quel ch’eravamo ieri
e nel tempo reincontreremo ogni illusione passata
 
 

l’acqua nella luce

Mi era stato detto di non confondere i limiti
in cui risiediamo in quanto esseri singoli
e di porre attenzione alla dissolvenza degli sguardi
che rifletti su me cercandomi per nome
Ma sono fatto di sangue e verde e istinto banale
e muovo i miei passi senza smettere di farmi male.
 
 

tutto si combatte con la giusta cultura innanzitutto (e se ritieni necessario gridare sul bus che non è vero, ne dimostri l’assenza)

Più non troviamo l’amara sera di una bottiglia
capace di svelarci i segreti di una notte intera
o implodere nelle mani delle nostre diverse follie
Che non riusciamo ad accompagnarci ancora
dell’umidità di un fiume nelle ossa come malattie
Eppure accettare i tempi d’una diversa età possiamo
e trovarci amici con un sincero sorriso d’onestà.
 
 

Le competenze dei miei passi subiscono continui sensi

Da anni non esco da questa casa protetta
da occhi e mani e pelle e dai Tuoi piccoli seni
che arrancano distratti ancora nella mia circolazione
Da anni sogno in queste stesse lenzuola macchiate
i giorni e le labbra e le Tue fugaci mani
che scavano violente  tra le fibre dei miei nervi
Che siamo aria cambiata al mattino e desideri persi
 
 

la voglia non è un allegoria e dopo una certa età gli amici si autoconsumano

Vomito acqua marrone dai Tuoi celati seni
che ripetono ancora incontri reiterati nel tempo
ma con offensiva distrazione dimenticano il presente
Negli sguardi che più non sai guardare
Nelle mani che più non senti di toccare
e nell’ultimo oggi Tuo, di un domani assente
 

miocardioscintigrafia

Ringrazia le Tue semplici e cortesi preoccupazioni
e tagliami e cuore e gambe e occhi e anima
mentre i pensieri si perdono in pensate azioni
che ho rosso di sangue per tenerti nella mano
e cianotico blu polmone per vederti da lontano
ma non labbra e saliva sulla Tua pelle tornata
 

L’ultima strada sembra sempre la più completa

Ho oltrepassato buona parte del Tuo incompreso
e con lenta nostalgia mi volto a guardare Noi
che più nessuno è rimasto a parlare ancora di me
di sogni caduti e dei troppi suoi fiori suicidi
Resto allora nel tempo al vento ad asciugare appeso
 

Insognare (o un’altra città)

Hai gli occhi dei Nostri ultimi anni
e ne disperdi i contati sguardi nei venti
perché quel che oggi gli lasciamo prender via
è quando meno pensiamo che ritorna in profumo
o in una brezza qualunque senza cortesia
che ritrovare, ancora conta più del trattenere
 
 

festina lente

Attendo con pazienza il piccolo Tuo ritorno
è l’alba fuori ed io sento ancora il freddo vuoto
che stanca di febbre le ossa e brucia gli occhi
Il giradischi suona stanco la rovinata canzone
dei miei mattini migliori di succhi e caffè, ed io
con pazienza attendo un Tuo ritorno piccolo.
 
 

intorno è l’etimologia

Nei brandelli di lettere trovate sui prati
e ancora raccontano storie d’impossibili sere
Nel fastidioso tubare monotono dei piccioni
che cullano il nuovo Tuo ritorno agli occhi
Nei pochi lucidi istanti della vacanza.
 
 

intorno a vent’anni, quando passare un paio d’esami l’anno e fantasticare sulle ragazze era quasi tutto quel che chiedevo, ho scoperto che meno metti in gioco, meno è certo che otterrai

Non voglio stare più in queste diffuse prassi
che portano al successo alla fame e al denaro
perché se m’accarezzi mentre mi stringi la gola
il mio corpo reagisce sincero per entrambi
e vomita sangue e malattia sulle tue carezze
e pezzi d’onestà sulla tua falsa pornografia
 
 

movimentazione manuale degli animi

Resta chiaro che abbiamo avuto giornate in cui
non sentirsi era l’unico male da cui fuggire
e i sogni raccontati da vino tradito dal caldo
l’unico fare e disfare per cui guarire.
Resta chiaro che nei miei occhi ancora mi confondo
e da solo posso smettere di ritrovarti.
Resta chiaro che abbiamo avuto e più non siamo.
 
 
 

PS: C

Sarà il richiamo della libertà ma ne ho voglia.
Così mentre accetto il Tuo promettermi un ruolo
e sudo di stanche illusioni e scomodi miraggi
scopro con banale ritardo per la prima volta
che mi manca il cammino in ben più ampi paesaggi
e il Nostro “pane e salvia” durato tre giorni.
‘Che possiamo essere felici d’una occupazione
o sbagliate puttane perdenti senza la colazione.
 
 

con il fiume mal riflesso negli occhi

è di notte che provo con volgare anarchia a raggiungerTi
lacerandomi ad ogni fallito tentativo di scavalcare
eppure sono leggero mentre senza riuscire Ti cerco
ed ogni volta che smetto da di ieri più vicino
so che sembra semplice la strada che hai davanti
sempre e solo quando  già stai tornando indietro
 
 

un posto dove andare

Vorrei una volta mettere ordine nelle Tue parole
che ad averTi sempre tra gli altri mescolata
mi fa non credere più al mio mancarmi in ogni gesto dato
ed essere ancora incapace di restringere le spalle per noi.
Che ad ogni istante di pura e gratuita perfezione
ne esiste al mondo uno identico velenoso e immorale.
 
 

Denuncia chi ti perseguita e riprenditi la tua libertà

Nei pochi neuroni dell’essere mio d’uomo
ne ho uno seduto in auto nell’attesa di Te
tra strade romane e vicoli e portoni
e un altro dedicato a quelle informazioni
nascoste tra consumati occhi e sguardi
scambiati nell’alcol di uno stesso cielo.